Il mistero del buco nero supermassiccio AT2019qiz
Il buco nero supermassiccio, noto come AT2019qiz, distante circa 215 milioni di anni luce dal nostro pianeta, ha suscitato l’interesse degli astronomi a causa di un evento spettacolare: l’assorbimento di una stella che si è avvicinata eccessivamente alla sua potente forza gravitazionale. Questo fenomeno, denominato evento di distruzione mareale (TDE), ha permesso agli scienziati di osservare da vicino la disintegrazione di una stella con una massa simile a quella del nostro Sole, rendendo questo episodio la testimonianza ottica più vicina mai registrata di un TDE.
La disgregazione della stella e l’analisi della luce
Durante questo evento, la stella è stata scomposta in un lungo filamento di materiale, e circa la metà di essa è stata inghiottita dal buco nero. L’osservazione della luce emessa ha mostrato che parte del materiale disintegrato è stato espulso sotto forma di una nube sferica, spinta da potenti venti generati dal buco nero. Questi detriti cosmici hanno influenzato un altro oggetto in orbita attorno all’SMBH, la cui natura rimane un mistero: potrebbe essere una stella o un buco nero più piccolo, ma non è osservabile direttamente.
Le esplosioni periodiche di raggi X
Si sa che questo oggetto attraversa i detriti della stella distrutta approssimativamente ogni due giorni terrestri, generando esplosioni periodiche di raggi X, osservate tramite i telescopi spaziali Chandra e NICER (Neutron Star Interior Composition Explorer). Queste esplosioni, chiamate eruzioni quasi-periodiche (QPEs), sono state registrate nove volte fino ad oggi.
La conferma del team di ricercatori
Il team di ricercatori, guidato dal Dr. Matt Nicholl dell’Università Queen’s Belfast, insieme a collaboratori come il Dr. Andrew Mummery dell’Università di Oxford e il Dr. Dheeraj Pasham del MIT, ha potuto confermare con maggiore certezza che queste QPEs sono prodotte dall’oggetto orbitante durante il suo passaggio nei detriti creati dal TDE. Sebbene ciò non garantisca che tutte le QPEs abbiano la stessa origine, la somiglianza con altri casi noti suggerisce forti indizi su questo meccanismo.
Le ipotesi degli scienziati
Gli scienziati ipotizzano che le QPEs siano meno frequenti dei TDEs, approssimativamente solo un decimo. Questo dato offre nuove prospettive sulla struttura e la dinamica degli ambienti che circondano i buchi neri supermassicci e suggerisce una comprensione più approfondita della frequenza con cui le stelle entrano nelle zone pericolose di questi colossi cosmici.
L’energia rilasciata dalle esplosioni periodiche
L’energia rilasciata da queste esplosioni periodiche deriva dall’energia potenziale gravitazionale dell’oggetto orbitante. La frizione generata dal suo passaggio nei detriti finirà col farlo avvicinare progressivamente al buco nero, fino a quando sarà inevitabilmente inghiottito. Se l’oggetto fosse una stella, potremmo assistere a ripetuti processi di formazione di dischi di detriti, che potrebbero a loro volta attrarre altre “prede”, dando vita a una sorta di ciclo di predazione cosmica.
Un passo avanti nella comprensione dei buchi neri
Questo studio, pubblicato sulla rivista Nature, offre una visione affascinante della violenza e della complessità dei processi che avvengono attorno ai buchi neri e rappresenta un passo importante nella comprensione delle interazioni tra stelle e SMBH.
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