La neve chimica è un particolare fenomeno meteo che si origina con tre condizioni
1) Presenza di dense nebbie, quindi elevata umidità.
2) Temperature negative.
3) Alta concentrazione di inquinanti.
Si è osservata svariate volte negli anni 80-90; in particolare, il 1989 e il 1990 sono tra gli anni in cui si osservarono i fenomeni di neve chimica di maggiore rilevanza in Pianura Padana (Lombardia e Piemonte in testa). Tali inverni sono infatti passati alla storia per la persistenza dei campi di alta pressione sulla nostra penisola e per la totale mancanza di ricambio d’aria.
Altri episodi importanti di neve chimica, riguardano il gennaio del 2012, nonché i mesi di dicembre del 2015 e del 2016, tutti (non a caso) accomunati da alte pressioni decisamente ingombranti.
Perché sono in calo? Secondo alcuni studi, nel corso degli ultimi decenni, le nebbie si sono sensibilmente ridotte in Pianura Padana, addirittura del 70% rispetto agli anni ’60. Una delle cause di tale drastica, quanto recente, riduzione è certamente imputabile al riscaldamento globale (più l’inverno si mitiga e meno facilmente condensa aria nei bassi strati), ma non è l’unico. Pure la minor presenza di solfati ostruirebbe le formazioni nebbiose. In passato, infatti, tale sostanza era contenuta nelle benzine ad alto tenore di zolfo (benzine verdi al piombo), attualmente sostituite da altri carburanti, senza piombo né zolfo.
Meno nebbie, pertanto, equivale ad una minore possibilità che si verifichino episodi di neve chimica in Pianura Padana.
Inoltre, negli ultimissimi inverni, ci sono stati periodi assai dinamici (inverno 2013, 2014, 2018, 2019, 2020), con frequenti fohn e/lo irruzioni perturbate, che di fatto impediscono a tale fenomeno meteo di originarsi.