Condizioni meteo di alta pressione invernale, largo utilizzo di automobili e riscaldamenti, nessun ricambio d’aria: questi sono gli ingredienti ideali per far impennare i livelli di particolato fine e ultrafine. La piaga dello smog padano è un problema arcinoto da molti anni, anche se negli ultimi periodi, grazie alla delocalizzazione delle industrie, al teleriscaldamento e ai motori delle auto meno inquinanti, i livelli di polveri sono decisamente diminuite rispetto agli anni ‘70. Ma c’è ancora molta strada da fare.
Quest’anno, grazie all’estremo dinamismo della stagione invernale, non ci sono mai state condizioni particolari per l’accumulo di inquinanti, se non in una breve fase di alta pressione a dicembre e alcuni giorni sereni e calmi nella seconda metà di gennaio.
Altrove, precipitazioni frequentissime e burrasche di favonio hanno sempre spazzato via gli inquinanti ma non il problema, che puntualmente si presenta quando una grossa struttura di alta pressione interessa la Lombardia.
Premesso il fatto che è una problematica interregionale, è assolutamente inutile pensare di proporre targhe alterne o stop totali in un comune e in quello a fianco c’è la libera circolazione. Quest’anno, oltretutto, c’è pure l’emergenza coronavirus, che da un lato fa spostare molto meno le persone (per via delle limitazioni), ma dall’altro quasi ogni persona che si sposta utilizza la macchina, che ovviamente reputa più sicura rispetto al mezzo pubblico.
E allora come si può risolvere questo problema?
La vera soluzione sarebbe il decremento demografico padano, in quanto per sua conformazione è una delle zone meno ventose d’Italia e al tempo stesso la più urbanizzata e quella col maggior numero di fabbriche. Se la dislocazione verso altri lidi ha migliorato la qualità dell’aria dei grandi centri urbani (Milano in primis, ma anche Lodi e Varese), dall’altra ha semplicemente spostato il problema altrove, provincia in un comune che prima registra va poco inquinamento.
Lo stesso vale per il traffico: la pandemia ha potenziato enormemente il telelavoro ed è un grande vantaggio dal punto di vista economico e ambientale, che si dovrà assolutamente sfruttare anche quando l’emergenza COVID-19 sarà finita.